San Giuseppe Cafasso Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
Ricordare San Cafasso a Castelnuovo è un dovere non solo verso il Santo, ma anche verso i numerosi parenti che ne portano il nome e se ne fanno giustamente vanto.

La nascita

San Giuseppe Cafasso nacque in Castelnuovo d’Asti (nome di allora) da Giovanni ed Orsola Beltramo il 15 gennaio 1811, in una casa di via Aliberti.
GIUSEPPINO CAFASSO fu battezzato nella parrocchia di S. Andrea Apostolo il giorno immediatamente successivo alla sua nascita dal Vice Curato Don Gilardi. Ebbe a padrino un sacerdote compaesano, Don Giuseppe Musso e a madrina Maria Serafino.

La famiglia

I genitori di Giuseppe erano persone stimatissime in paese come pii ed onorati cristiani. Contadini di modesto patrimonio, onesti e caritatevoli, coltivavano una piccola proprietà. Per sopperire alle necessità familiari essi assumevano temporaneamente lavori su fondi altrui, i parrocchiali fra gli altri. Dal loro matrimonio erano nati quattro figli: Francesca, maritata in Matta – Pietro nel 1808 – il nostro Giuseppe nel 1811 – Maria Anna nel 1811 maritata in Allamano, che fu madre del canonico Allamano.

La gioventù

Il nostro Giuseppe ebbe una gioventù che non appare una battaglia, come succede comunemente nei Santi, ma piuttosto il germoglio e lo sbocciare di un fiore. Giuseppino era buono fin da ragazzo tanto che fin da allora era tenuto per un esempio vivo di virtù: era chiamato il santino, per i castelnovesi «Santet».
Per i genitori Giuseppino era oggetto di compiacenza, era la loro delizia. La madre lo prediligeva tra tutti e gli portava anche stima, oltre che grande affetto. Lo conferma questo fatterello:
«Si era sparsa la voce in quel tempo che in Castelnuovo, nella regione Lampuja, in una spaccatura della collina si vedesse l’immagine della Madonna. Molti andavano ad osservarla, e chi diceva di vederla, chi di non vederla, ed il parlare che se ne faceva era molto. La madre del nostro Giuseppe disse ad alcune amiche: «Condurrò il mio Giuseppino; se lui la vede crederò e se dirà di non vederla, riterrò che non c’è niente». Per la buona Orsola e le sue comari, se c’era in paese uno che fosse degno di vedere la Madonna questo era Giuseppino, se c’era uno sulla cui veracità ci si potesse fidare, questo era ancora Giuseppino. Infatti, condotto egli sul posto, avendo dichiarato che non aveva visto nulla, tutto il rumore cessò».
Era esemplare anche come scolaro. Giovanni Gribaudo racconta infatti a questo proposito: «Don Cafasso era mio compagno di scuola; in fatto di studio se la cavava assai meglio di me, e perciò quando non capivo certe cose, ricorrevo sempre a lui per chiedere spiegazione, ed Egli me la dava con tutto piacere. Per ricompensarlo di quanto faceva con me, gli promisi due merli ma (oh giovanile incostanza!) non glieli ho mai dati.. Sono però sicuro che Don Cafasso mi ha già perdonato».

L’apostolo

Ora facciamo un gran salto, lasciamo il piccolo Cafasso scolaro e osserviamolo Sacerdote: come si sa, fu un assiduo visitatore delle carceri di Torino, naturalmente per compiervi dell’apostolato. Le carceri furono il suo campo di lavoro, fu lì che egli svolse più eroicamente la sua virtù cristiana.
Ora vogliamo terminare con un episodio che dimostra come quei carcerati lo stimassero e provassero per lui affetto e riconoscenza.
«Facendo ritorno il Cafasso da Castelnuovo a Torino un calesse con il fratello Pietro, giunti ai boschi di Riva presso Chieri, luogo allora solitario e pauroso ecco precipitarsi loro incontro, minacciando e chiedendo denaro, due facce di sinistro aspetto. Il fratello si mostra impaurito, ma egli niente, avendo riconosciuto in uno di quei figuri un antico ospite delle carceri. Aperto il mantello in cui era avvolto gli si scoperse, e questi, riconosciuto a sua volta il Santo si gettò in ginocchio e chiese perdono. Don Cafasso lo ammonì paternamente e gli diede l’elemosina.
Il malandrino da quel giorno cambiò vita e perseverò poi sempre nel bene.

Notizie tratte dal volume: “San Giuseppe Cafasso” dell’abate L. N. di Robilant, ed. Consolata.
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