Giovannino Bosco Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
Giovannino Bosco nacque a Castelnuovo nel 1815 su una collina della borgata Morialdo, ora chiamata Colle Don Bosco.
Ora essa è meta di continui pellegrinaggi di devoti, per vedere la casetta del Santo e pregare nel tempio a lui dedicato.
Sarebbe compito arduo esporre la vita e le opere di Don Bosco, se ne sono scritti ormai molti volumi in cui si rivela la povertà della sua infanzia, il suo lavoro da garzoncello di campagna presso la cascina Moglia di Moncucco, la sua difficoltà per poter studiare a Chieri. Ed ecco il giovane sacerdote a Torino raccogliere ragazzi intorno a sé, ecco il fondatore della Congregazione Salesiana e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dei Missionari…
Ora il nome del grande Educatore, del Santo dei giovani risuona nelle innumerevoli case salesiane sorte in tutto il mondo.
Limitiamoci quindi a leggere una pagina della sua vita infantile:

A CASTELNUOVO

A dieci anni, Giovannino chiede alla mamma il permesso di recarsi alle fiere e ai mercati di Castelnuovo e dei paesi vicini. Vuole imparare i trucchi dei saltimbanchi. Mamma Margherita conosce bene il suo ragazzo e dice di sì.
– Giuanin, soldi non ne ho; non domandarmene.
– Oh, ai soldi ci penso io, mamma!
Giocolieri, acrobati, ciarlatani, saltimbanchi fanno strabiliare la gente sulla piazza. Tutti restano a bocca aperta. Giovannino per mettersi in prima fila, paga la tassa di due soldi. Osserva e coglie i movimenti delle dita dei giocolieri, il loro scatto, il lancio, l’equilibrio. Tornato a casa esercita i polpacci, le spalle, le reni a fare altrettanto. Se sbaglia ricomincia.
C’è ai Becchi un prato, un luogo ideale per dare spettacolo. La domenica la gente fa cerchi attorno a Giovannino. La gente ama quel ragazzo ricciuto, che ha la voce chiara e il dono di affascinare. Ma prima dello spettacolo bisogna pagare lo scotto: recitare la terza parte del rosario, dieci minuti.
Poi la rappresentazione comincia.
Giovannino, come se fosse la cosa più naturale del mondo, ingoia monete e va a ripescarle sul naso o sulla bocca aperta dei contadini, che non si accorgono del trucco. Prende un galletto, lo strozza e subito lo risuscita facendolo cantare di gioia; moltiplica le uova in un paniere sotto gli occhi sbalorditi delle massaie; apre la tasca della propria giacca e ne lascia svolare quattro colombi. Fa la ruota. Si svita e si gira rapidamente sulle mani e sui piedi. Piace. Sale sulla corda, balla sulla fune, ci sta sospeso con un piede, ricade leggermente a terra, senza danno, come un gatto. La gente va in sollucchero.

A MONTAFIA

A sedici anni, Giovannino è studente poverissimo, in ritardo negli studi e bisognoso di tutti. Ma ha tante risorse. Ecco come si guadagna venti lire, un salamotto e un fazzoletto.
È festa a Montafia e c’è l’albero della cuccagna. Il palo è altissimo, unto col sapone e il grasso, liscio come uno specchio. I giovanotti del paese guardano lassù il cerchio che lascia ondeggiare pacchi, pacchetti, salami e salsicciotti. Una sfregatina alle mani; mordendo il labbro inferiore si arrampicano sul palo. Tutti ripiombano a terra sfiatati; non ce la fanno. Giovannino osserva attento e cerca di spiegarsi il motivo di quegli insuccessi. Gli pare di aver capito. Quando tutti hanno provato prova anche lui. Incomincia lento e calmo. Ogni passo incrocia le gambe attorno all’albero, siede sui calcagni e riprende fiato. Poi ricomincia a salire. La gente ride e urla. Ma quando Giovannino giunge più su che gli altri, si fa un gran silenzio in tutta la piazza. Giovannino allunga la mano, i premi sono suoi. Scrosciano gli applausi. Il ragazzo stacca la borsa con venti lire, il salamotto, il fazzoletto e lascia il resto per gli altri concorrenti.
Notizie tratte dal volume: “San Giovanni Bosco” di Agostino Auffray, ed. S.E.I.
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