|
I due fatterelli dicono quanto essi
avessero affetto e considerazione verso il prossimo e quanto fossero corrisposti in
affetto e fiducia.
I due aneddoti dicono pure come Don Bosco e Don Cafasso si somigliassero nellamore
verso il prossimo, seppure ognuno a modo suo: luno verso i ragazzi e laltro
verso i carcerati, che cercava di redimere.
DON BOSCO amava e stimava i ragazzi, anche i discoli, anche quelli della Generala, un
istituto torinese di correzione per i giovani più difficili. Sapeva che portandoli in
gita allaria aperta, avrebbe fatto cosa graditissima a loro, costretti a vivere
sotto una ferrea disciplina, chiusi tra quelle mura, con tanta vivacità in corpo.
Le autorità, a cui si rivolse per i permessi necessari, lo sconsigliarono vivamente
(«Non ne riporterà più uno a casa»!), ma pensavano: Lui è Don Bosco
Infine prevalse lamore per i ragazzi; ebbe da loro la promessa di un comportamento
corretto e si partì; un asinello portava le provviste. Si giunse in allegria a Stupinigi;
si giocò, si cantò, si mangiò la merenda con appetito e si pregò. Alla sera al ritorno
issarono Don Bosco sullasinello ormai liberato delle vettovaglie. Furono tutti di
parola, puntuali e felici.
DON CAFASSO passava gran parte della giornata e della vita tra i condannati; la sua
presenza era loasi dello spirito e del bene tra tanta sofferenza e tanto squallore
morale. Li conosceva, li amava ed era entrato anche nel cuore di molti di essi.
Un giorno aveva da mandare una somma di denaro a suo fratello Pietro (per i castelnovesi
Pedrin) per una partita di vino. Allora non cerano assegni o Don Cafasso non aveva
ancora labitudine di servirsene. Cosa fare? Il materiale umano di cui disponeva lui
non erano certo i giovani, ma i
ladroni. Affidò quindi la somma ad un ladrone
di sua fiducia; gli raccomandò e gli augurò di non fare cattivi incontri e lo mandò a
Castelnuovo. Quello venne consegnò la somma e ritornò riportando i ringraziamenti e i
saluti. Cera affetto, fiducia e comprensione reciproca.
I SANTI sono imitatori di Cristo, ognuno con la propria personalità. Cristo amò e stimò
immensamente i ragazzi («Chi non si fa piccolo come questo fanciullo, non entrerà nel
regno dei cieli»); ebbe anche comprensione per i condannati dagli uomini («Chi di voi è
senza peccato, scagli la prima pietra»); lui stesso fu condanato dagli uomini e si
ritrovò in croce tra due ladroni. Con uno di essi si svolse un dialogo e nacque subito
affetto, comprensione e Fede. Cosa veramente si dissero la storia non lo tramanda; il
Vangelo riporta solo le parole conclusive di Gesù: «Questa sera sarai con me in
Paradiso!».
I due episodi su Don Bosco e Don Cafasso hanno una morale unica, ed è questa: Quando si
ama veramente, si è corrisposti.
Si parla dellamore vero, quello ispirato da Gesù; lamore che ebbe ed ha per
scopo la redenzione, del genere umano per Cristo, dei giovani per Don Bosco e dei
condannati per Don Cafasso.F |
|
|