Il Beato Giuseppe Allamano Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
Cari amici castelnovesi, poiché ora abbiamo in paese le Suore della Consolata, facciamo vedere che abbiamo un po’ di conoscenza del Canonico Allamano, il loro fondatore.
Ricordiamo quindi qualcosa della sua vita.
Il beato Giuseppe Allamano
LA FAMIGLIA

Giuseppe Allamano nacque a Castelnuovo d’Asti (il nome di allora) nel 1851, morì a Torino nel 1926. Settantacinque anni di vita spesi a far qualcosa di bello per Dio. Nel silenzio, nella fedeltà, nell’operosità contribuì a cambiare il volto della Chiesa di Torino e la fece esplodere a dimensioni universali fondando due istituti missionari.
Di famiglia contadina, gracile di salute, umile e tenace, camminò costantemente verso la santità. Papà Giuseppe e mamma Marianna Cafasso (sorella di Don Cafasso che poi sarà santo) lo iniziano alla vita. È il quarto di cinque figli.
Quando Giuseppe ha tre anni, il papà muore e la cascina resta sulle braccia della mamma e dei fratelli maggiori. La mamma, santa donna è l’anima spirituale e materiale della casa. Con lei altre tre persone hanno un ruolo fondamentale nella formazione di Giuseppino: la maestra Benedetta Savio, donna molto religiosa, lo zio Cafasso, che però incontrò una sola volta a otto anni, e Don Bosco, nel cui oratorio a Torino compì gli studi ginnasiali.

LA VOCAZIONE

Don Bosco ne conosce la stoffa, sarebbe un ottimo salesiano e lo invita a restare nella società; ma Giuseppe sente la chiamata di Dio e cerca una strada sua.
Entra nel seminario della diocesi con tanta felicità della mamma, benché i fratelli preferissero un liceo pubblico per un avvenire sicuro. Studia con volontà e passione, prega con intensità e medita profondamente; la Comunione è quotidiana. Le sue vacanze sono normalmente accanto alla mamma, che però purtroppo ben presto muore.
Nel 1873 a 22 anni è ordinato prete. Per tre anni è assistente nel seminario. Ha solo 25 anni quando il vescovo lo nomina direttore dei seminaristi.
«Ma Monsignore, sono così giovane, con molti seminaristi ci diamo del tu!».
«È vero, ma ti vogliono bene, accetta. Ecco io ti benedico».
Ha già la responsabilità della formazione dei futuri preti. Mette in atto per loro le stesse regole della sua vita: Agire per amore, con volontà e sincerità.

COLONNA DELLA DIOCESI

Nel 1880 il Vescovo lo nomina Rettore della Consolata; il santuario della Consolata era fin dal 1900 il cuore spirituale di Torino. È un incarico alto e gravoso e Don Giuseppe Allamano osserva ancora: «Sono giovane…». Ma il Vescovo: «Esser giovane è un difetto che guarisce con l’età».
Accettò per ubbidienza e prese il coraggio a due mani. Ripristinò il Convitto del Seminario, in cui diresse le conferenze di morale. Diede al seminario un moderno indirizzo; l’Allamano a 31 anni ha nelle sue mani il cuore della diocesi di Torino. Lavora senza far rumore, è un prete che tace e agisce.      L’edificio della Consolata è in uno stato pietoso e non c’è un centesimo. Egli inizia i restauri e gli ampliamenti; i costi sono ingenti, ma i soldi necessari arrivano, da dove non lo sa neppure don Giuseppe.
Ma per Don Allamano l’importante è che fiorisca la vita cristiana, che la gente preghi, che si diffonda la devozione mariana; perciò egli anima moltissime iniziative: messe, comunioni, confessioni, novene, sabati mariani… e queste cose le vive lui per primo, con la sua vita dimostra di essere uomo e prete che vive con gioia la sua vocazione.

LE MISSIONI

Ma Torino non gli basta. Il suo sogno è la missione, ci andrebbe lui stesso, se non avesse un fisico gracile. Lavora e ottiene consensi e aiuti: ma si ammala in modo gravissimo. Nel 1901 dopo una guarigione miracolosa, istituisce l’Istituto della Consolata per le Missioni Estere e nel 1902 partono i primi missionari, giovani sui 20 anni. Vanno nel Kenia nel cuore dell’Africa. Le difficoltà sono molte e Don Allamano prega: «Madonna Consolata, l’Istituto è tuo, pensaci tu». La missione si sviluppa in modo vivacissimo; ma ben presto l’Allamano scopre che gli uomini non bastano, ci sono aspetti dell’evangelizzazione che sono tipici della donna.
Occorrono le suore e nel 1910 inizia la vita del nuovo Istituto delle Suore Missionarie e parte il primo gruppo per le missioni. E così uomini e donne spinti dalla stessa vocazione missionaria, uniti dallo stesso fondatore e dalla stessa madre, la Consolata, hanno lo stesso scopo: evangelizzare le genti dell’Africa. Ci sono momenti duri ed egli li segue tutti personalmente da Torino.

LA FINE

Gli anni cominciano a farsi sentire, come le fatiche. Nel 1923 si compie il suo giubileo, cinquant’anni di sacerdozio. Contro la sua volontà riceve una grandiosa dimostrazione e stima da parte di ogni ceto di persone. Lo stesso Papa Pio XI gli manda una lettera autografa. Nel 1925 assiste a Roma alla beatificazione dello zio Giuseppe Cafasso.
Ormai sente di essere alla fine del suo cammino, ma santuario e missioni sono la sua vita fino alla fine. Nel 1926 muore serenamente invocando Maria e Gesù, per i quali ha orientato la sua vita fino all’ultimo.
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