La scuoletta di borgata Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
Quando erano funzionanti anche le scuole di Morialdo, Bardella, Nevissano, Ranello e Mondonio, c’erano cinque insegnanti in più nel paese. Queste scuolette sono state sopresse una dopo l’altra per mancanza di alunni.
È quello che capita adesso nei piccoli paesi vicini: Albugnano, Berzano, Passerano... Allora in queste cinque borgate c’era la “pluriclasse”, un solo insegnante e una sola aula occupata da alunni di almeno tre classi, prima, seconda e terza. C’erano da 15 a 20 ragazzini, senza contare quelli di 4° e 5° che venivano a Castelnuovo.
Era una comodità per i bimbi della borgata; e l’insegnante vi trovava talvolta anche i locali per la sua residenza. Ma l’insegnamento non poteva avere la stessa efficacia di quello del paese, perché il maestro doveva dividersi in tre e quindi ogni classe aveva un terzo di maestro per sé. In più, quando pioveva o c’era la neve alta, si fermavano nella borgata anche i ragazzi di quarta e quinta, che non potevano venire a piedi in paese.
Il maestro (o la maestra) era giovane normalmente, di passaggio, in attesa di concorrere per un posto migliore, perciò senza esperienza, con un lavoro più arduo di quanto pensasse quando aveva accettato quella sede.
Ed eccolo il nuovo maestrino, che per avere il diploma ha superato un duro esame di tante materie scolastiche, eccolo adesso fresco fresco in un’aula con tre lunghi banchi su cui sono seduti 16 alunni di tre classi diverse. Che fare? Di dove cominciare? Era brevissimo il tempo in cui poteva parlare interessando tre classi, normalmente doveva dedicarsi a una classe e tenere occupati i ragazzi delle altre due. Perciò in precedenza doveva farsi un piano di lezione per tenere in attività tutti contemporaneamente, senza lasciare nessuno in ozio. Ma ciò è più facile a dirlo che a farlo! E la stufa? Sì, c’era anche la stufa a cui badare e rifornirla di legna. Il comune mandava di solito un mucchietto di ceppi, ma erano un po’ grandi, allora il maestro nell’intervallo li sminuzzava con la scure. (Allora si andava a scuola mattino e pomeriggio). A Morialdo c’è stato un periodo in cui gli scolaretti portavano ciascuno un pezzo di legno per alimentare la stufa; e tenevano le pantofoline in classe da calzare appena arrivati e posare le scarpe coperte di fango. A Ranello davano al maestro la chiave della chiesetta, così egli arrivando, vi entrava e tirava la corda della campanella per suonare scuola e chiamare a raccolta gli alunni.
Allora per quei bimbi com’era piccolo il mondo! Stava tutto nella borgata: scuola, messa, giochi, tradizioni, conoscenze... e il grande avvenimento, la festa della borgata.
Se quel maestro faceva più fatica dei colleghi del capoluogo, era però ricompensato dal fatto che i bambini erano molto buoni e le mamme da casa alla sera collaboravano. Le stesse mamme, se avevano ragazzi che venivano alla scuola in paese, dovevano rifornirli del fagottino per il pranzo da consumare nell’intervallo tra mezzogiorno e le due, per evitare loro un’altra lunga camminata.
Alla maestra, più che le materie su cui aveva sostenuto esami, era di valido aiuto la sua buona volontà, la sua passione, il suo affetto per i bimbi; così nel corso dell’anno scolastico quella scuoletta diventava una bella famiglia, di cui la maestra era la mamma, con tanti bimbi di età diversa‚ di sette‚ di otto e nove anni‚ tutti amici fra di loro e tutti affezionati alla maestra-mamma.
Vi sono stati maestri che dalla scuola di borgata sono passati alla scuola di città (io da Ranello a Torino), altri si sono affezionati e sono rimasti in quelle aule per tanti anni o addirittura per tutta la carriera.
Così la maestra Pozzo A. M. è rimasta a Morialdo finché non hanno soppresso la scuola e la maestra Serra Caterina di Mondonio ci restò per tutto il suo servizio scolastico.
Ora un pulmino fa il giro delle borgate e raccoglie i pochi scolaretti‚ due qui‚ tre là‚ e li porta nella grande scuola del paese‚ ove essi trovano in belle aule riscaldate altri bimbi‚ tutti della stessa classe e soprattutto con due-tre maestre‚ tutte per loro.
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