La processione Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
Alla processione allora si partecipava molto; si sentiva veramente il dovere di andarci e il comportamento era di devozione e pietà. Era un’usanza antica‚ insita nelle pratiche religiose della popolazione.
Le processioni più tradizionali erano due: quella dell’Assunta e quella del Corpus Domini‚ ambedue in estate‚ sotto un gran calore.

L’ASSUNTA

Era usanza portare la statua della Madonna da parte dei giovani che in quell’anno andavano alla visita di leva. E lo facevano con entusiasmo; erano vestiti di nuovo‚ anche perché era la festa del paese; e in cuor loro pensavano: «Quest’anno tocca a noi!». Ci tenevano darsi il cambio‚ perché vi potessero partecipare tutti.
Il tragitto non era lungo: dalla chiesetta del Castello (ove è tuttora custodita la statua) si scendeva‚ si faceva il giro del collegio e si risaliva. E dopo la funzione i giovani della leva passavano in parrocchia a bere‚ quasi come premio‚ il vino “’d la pera”. Erano due bottiglie‚ offerte dal parroco‚ del vino ottenuta dalla vigna della parrocchia in località S. Pietro in Zucca‚ detto “vigna ’d la pera”‚ ben coltivata dai Cavagnero.
Quel bere voleva essere un incentivo da parte del parroco‚ ma finiva di essere una spavalderia da parte nostra! si beveva perché era un’usanza‚ benché a 18 anni e a digiuno quel vino facesse girar la testa. Ma i giovani erano felici quel giorno per dire in pubblico: «Noi siamo i giovani di turno‚ siamo forti‚ siamo belli… ».

IL CORPUS DOMINI

Era la vera processione‚ la più solenne. Aveva tre itinerari che si alternavano: una meta era piazza Dante‚ arrivando da via Caretto e risalendo per via Roma; un’altra era il mulino (borgo Villata) arrivando da via Marconi‚ girando davanti al Monferrato e risalendo passando dietro il monumento di Don Bosco. Ma l’itinerario classico era quello che scendeva all’imbocco di via Aliberti‚ la si percorreva tutta e si ritornava alla chiesa per via Argentero.
L’ornamento del percorso faceva parte della tradizione e della devozione‚ si addobbavano case‚ porte‚ balconi con stendardi‚ quadri‚ lenzuola‚ arazzi‚ fiori e c’era chi faceva altarini con candele accese. Ma una tappa o due erano d’obbligo‚ per permettere al sacerdote di riposare un po’ le braccia e impartire la Benedizione. Infatti l’Ostensorio in uso era molto pesante‚ era un dono prezioso (d’argento) fatto dal Can. Allamano alla sua parrocchia di nascita. Ricordo che un certo Don Bava‚ sacerdote dei Mistrass‚ grasso‚ vestito con pesanti paramenti‚ sotto un sole cocente‚ grondava sudore portando quell’Ostensorio‚ e penso che usufruisse volentieri della fermata.
Attorno al Santissimo c’erano i Suoi prediletti: i bimbi della Prima Comunione con un giglio in mano. Erano guardati con apparente distacco‚ ma con orgoglio dalle mamme poco lontane‚ che dicevano mentalmente: «Oggi la gente vede come è bello il mio bambino». Poi venivano i cantori‚ tra cui si distinguevano Angilin Turco e‚ i figli del maestro Musso‚ i fratelli Eravisto‚ Edgardo e Giovanni. C’era sempre un altare nel portone di Turco Ermanno e uno dai Filipello. Si preparavano talvolta delle scene con figure viventi: erano bambini e bambine vestiti da angioletti che tenevano le manine giunte i gli occhi rivolti al cielo o verso una statua sacra. Ad essi la catechista aveva dato l’ordine severo di tenere sempre quel contegno pio e assolutamente non ridere‚ anche quando i compagni li tentavano furbescamente con parole e sorrisetti.
Finiva tutto in chiesa con la solenne funzione finale e‚ al congedo del sacerdote‚ si usciva e si rincasava. Poco dopo le vie in cui era passata la processione riprendevano l’aspetto normale; si riponevano gli addobbi; restavano solo sulla strada i petali e i fiori sparsi per l’occasione.
Allora non si risparmiavano i passi‚ tanto meno per le processioni. Adesso si chiederebbe: «Ma si deve proprio andare a piedi?». Ora che tante cose sono cambiate‚ si cerca di evitare la fatica‚ anche quella di camminare e anche la devozione andrebbe volentieri in macchina.
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