Le mucche Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
E così quelle docili e laboriose mucche, che transitavano lente e mansuete per il paese, sono scomparse definitivamente dall’abitato. Si dice che siano rimaste pochissime e quelle poche restano nella stalla. Infatti le mucche, che non vanno più a faticare nei campi e nelle vigne, non hanno neppure più lo svago e il piacere di uscire a pascolare nei prati. L’unico compito che rimane loro è quello di darci il vitellino e il latte.
Da moltissimo tempo non ci sono più i buoi da queste parti, neppure nelle stalle. Con il loro lavoro si evitava il logorio delle mucche. Erano tenuti per la loro forza e resistenza. Il trattore li ha cacciati e sostituiti. Si prova nostalgia per le miti e operose mucche, pur comprendendo che il loro passaggio lento e incontrollato non sarebbe più compatito nelle stesse strade in cui sfrecciano mezzi veloci e rombanti. Se a volte le mucche lasciavano in piazza i segni del loro passaggio, c’era subito chi si prendeva cura di ripulire. Ma non c’è nessun rimedio per l’inquinamento dell’ambiente provocato dalle numerose macchine, tanto che in certe città l’aria è irrespirabile.
Ma soprattutto è cambiata totalmente l’immagine del paese: prima il passare lento e misurato di carri colmi di prodotti agricoli trainati da mucche dava l’aspetto di un paese rurale e attivo. Cosa dire oggi della stessa piazza ove sostano continuamente cento macchine e altre che passano creando un moto ininterrotto e convulso?
quelle mucche che tanti anni fa erano testimoni delle nostre veglie invernali, sono le stesse che ancora pochi anni fa portavano l’uva alla Cantina Sociale e i sacchi di grano al mulino e sostavano in quel cortile finché il grano non fosse ridotto in farina e crusca. Nell’attesa qualche mucca ruminava, un’altra muggiva di impazienza: era una recente madre che non vedeva l’ora di ritornare dal proprio vitellino per dargli il latte.
Allora il contadino faceva vita e fatica comune con le mucche e le teneva preziose per il loro aiuto, il loro lavoro, il loro prodotto. Ma ormai il contadino, che possiede già trattori, forse non ha più il tornaconto nel trattenere nella stalla le mucche, tanto più che queste pretendono che in autunno il fienile sia colmo di foraggio e ci sia una buona provvista di paglia; mentre in inverno il trattore non mangia…
Per questo ora molte stalle sono vuote, altre trasformate in rimesse. I carri e molti utensili relativi al bestiame sono stati eliminati o trasformati o tenuti come ornamento nelle case borghesi. Non si va più col “barachin” a prendere il latte direttamente da chi lo munge; ora si comprano in negozio le scatole confezionate; c’è solo da scegliere se lo si vuole intero, scremato, sgrassato…
«Care mucche, è finita la vostra epoca! Vi subentra quella della motorizzazione…».

IL MERCATO DEL BESTIAME

Si svolgeva ogni fiera del mese, cioè al primo giovedì. La sede era il parco di ippocastani, di cui rimane una parte dietro il distributore Agip. Arrivavano mucche e vitelli ai piedi delle cascine, da paesi vicini. C’era pure qualche nidiata di maialini su carri coperti da una rete.
Vi convenivano i compratori, gli interessati e molti curiosi. I negozianti si distinguevano: avevano un giubbone leggero e largo, tenevano un bastone ricurvo che pareva modellato in casa; palpavano i bovini con mani da intenditori. Volevano conoscere se il collo della vitella era calloso da sostenere il giogo, se era feconda, se produceva latte… E il contadino-venditore tesseva le lodi del soggetto in vendita: è forte, è giovane, è atta al tiro (culatà), mangia al pascolo, fa un latte che è una nocciola, ha corna robuste, arando tiene il solco…
A concludere il patto bastava una stretta di mano, e lo facevano in modo palese, quasi plateale, come per dire che i presenti erano testimoni, senza fare scritti.
Ora più nulla di tutto questo: non vediamo più per il paese le buone e pazienti mucche; esse nascono e vivono solo in alcune stalle e solo il veterinario e Michele le vanno a trovare per le cure e i contratti.
Ricordo che a Torino gli alunni chiedevano che nel programma della gita scolastica fosse inclusa la visita in una azienda agricola «… per poter vedere dal vivo quegli animali che vediamo solo in televisione e nei films». E che sorpresa quel giorno quando in un’aia videro un bel maiale vivo! Sarà così anche per gli alunni di Castelnuovo?
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