Maria dla Madona Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
Non ho mai saputo se fosse così chiamata perché abitava nella zona “Madonna del Castello” o perché era qui sulla terra al completo servizio della Madonna Celeste.
Ma era tanta la considerazione del paese, che penso fossero tutti per questa seconda ipotesi. Infatti l’abbiamo sempre vista dedicata completamente ai bambini dell’oratorio maschile.
Era il braccio destro della Parrocchia, tanto che Don Nizia le dimostrò riconoscenza esponendo la sua fotografia in alto nel salone dell’oratorio (quello vecchio, lassù) ove si svolgevano spettacoli e adunanze, come modello di benefattrice religiosa e spirituale. L’altra fotografia era della signora Gamondi, perché, si diceva fosse benefattrice materiale.
A Maria dla Madona (e a Monica, a Ginia e a Pina Gilardi) era affidata l’assistenza domenicale dei ragazzi dell’oratorio, che erano molti e l’insegnamento del catechismo. Allora si imparava a rispondere a memoria alle domande tradizionali. Lei sorvegliava tutti, correggeva i più biricchini, faceva il giudice nelle immancabili controversie infantili e premiava i buoni con una pastiglia. Ne teneva sempre una scatola sonora in tasca.
E tutti quelli che hanno imparato a servir Messa, sono stati istruiti da lei. Allora il chierichetto accompagnava il sacerdote all’altare e scambiava con lui un dialogo con frasi in latino (Introibo ad altare Dei...). Ebbene Maria prendeva da parte il gruppetto di ragazzi che intendevano imparare e li preparava perfettamente, a furia di ripetere le parole del sacerdote e le risposte relative, tutte in latino.
Insegnava anche i gesti: il trasporto del messale, il suono del campanello, e i chierichetti talvolta si accordavano per suonare un po’ per uno.
Ma torniamo a Maria dla Madona, che per fare le cose pratiche, incaricava uno dei ragazzi di fare il celebrante e lei si toglieva il suo grembiule e glielo metteva sulle spalle, legandoglielo sotto la gola, affinché somigliasse al paramento sacerdotale, detto pianeta. Il ragazzo, così addobbato, faceva le genuflessioni che faceva il sacerdote e gli altri imparavano a suonare il campanello e sollevare il grembiule.
La buona Maria faceva i suoi adempimenti con tanta fede e passione che io non potevo immaginarla capace e occupata a fare altro, come, per esempio i lavori di casa o uscire per il paese e parlare «del vento e della pioggia» con persone adulte.
Concludeva la sua domenica accompagnando una lunga fila di ragazzetti dall’oratorio alla chiesa (parliamo sempre di quello vecchio, lassù e della chiesa parrocchiale) per assistere alla Benedizione, dopo il Vespro.
All’uscita dopo aver fatto raccomandazioni a tutti, se ne andava a casa da sola, pensando forse a rifornire la sua scatola vuota, che non suonava più.
Solo pochi giorni fa, parlando con Vito e Lena ’d Norato, ho saputo che si chiamava Filippello, figlia di Mini, ma questo ha poca importanza, perché per tutti era solo e sempre Maria dla Madona, e questo nome bastava per distinguerla da tutte le altre Marie, che erano e sono molte.
E ora sono certo che tutti i Castelnovesi, che l’hanno conosciuta, la immaginano nel Regno dei Giusti e dei Buoni, e la riconoscono degna del premio eterno, anche se da piccoli erano così discoli da non aver avuto neanche una pastiglia.
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