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Ricordo una scena che ancora adesso
mi suscita impressione: due giovani, un ragazzo e una ragazza quella domenica stavano
appoggiati al muro in via Roma, quasi allangolo con Piazza Dante, in evidente attesa
di trovare lavoro. Un castelnovese di quei paraggi che viveva solo con una vecchia
zia, si avvicinò alla ragazza, scambiò con lei poche parole e la accompagnò a casa sua,
per assumerla a servizio (...finirono poi per sposarsi e la zia andò in Paradiso). Dopo
un po anche il giovane fu avvicinato e dopo una breve trattativa fu accompagnato
via.
Io mi chiedevo se era quello il modo di cercare lavoro e di offrire mano dopera. Ma
non ebbi mai una risposta, perché i ragazzi allora non parlavano di quegli argomenti. Ma
si vede che doveva essere unusanza locale.
Adesso farebbe tenerezza quel povero garzone, in un periodo in cui i Pendolari
fanno ogni giorno in macchina 40-50 chilometri (e in treno forse anche di più) per
recarsi sul posto di lavoro; e se ne tornano per passare la sera in famiglia e stanno a
casa la domenica e molti anche il sabato.
Il garzone allora no. Giungeva qui da solo, aveva solamente un fagotto. Veniva da un paese
lontano, da unaltra regione. Non cera neppure la comodità del telefono; egli
poteva solo mandare e ricevere una lettera.
Era membro di una famiglia numerosa, ove mancando lui, cera una bocca in meno
da sfamare. Oppure veniva per cambiar posto, in cerca di avventura, lasciando però sempre
una situazione di povertà. Allora qui cera grande esigenza di lavoro; non
cera ancora laiuto dei macchinari, cera solo quello delle braccia, e se
in famiglia il personale era scarso, si cercava laiuto di un garzone. Poteva perfino
capitare che un mezzadro stesso assumesse un garzone.
Il contadino faceva una offerta al lavorante, quella che era in voga in media in quei
tempi. Si stabiliva se la cifra convenuta era per tutto lanno o per un periodo
limitato di mesi, quando il lavoro era più urgente. Il garzone consumava i pasti con la
nuova famiglia e dormiva dove cera possibilità, in una camera tutta sua o in un
posto meno felice; nella stagione fredda il garzone si accontentava di dormire anche in un
pagliericcio nella stalla (la barlecia).
La famiglia in cui viveva aveva sempre comprensione e umanità, finiva per affezionarglisi
e gli cedeva oggetti di vestiario e alla domenica la mancia (la bunaman).
Il difficile veniva quando il garzone interrompeva il servizio per un motivo o per un
altro. Allora bisognava calcolare il compenso per quel periodo secondo un sistema
tradizionale un po complicato (il cunt di garsun) conosciuto solo dal maestro Ostino
e da pochi altri. Io dovetti impararlo, perché qualcuno si era rivolto a me pensando che
io lo conoscessi, invece non era oggetto di studio.
La norma diceva che gennaio contava uno, febbraio due, e così via, fino a giugno che
contava sei; così pure luglio poi agosto cinque e si scendeva fino a dicembre che
valeva uno. Insomma le giornate lavorative avevano un valore diverso a seconda dei mesi
dellanno; e ciò in relazione al fatto che in campagna il lavoro aumenta
dintensità da gennaio a giugno, quindi diminuisce da luglio a dicembre.
Ora non mi risulta che vi sia ancora in paese e dintorni la figura del garzone agricolo
con quei requisiti; dove cè lo chiamano con un nome molto elegante Bracciante
Agricolo. Ma tra questo e il vecchio garzone non cè solo differenza nel nome,
cè il fatto che ora il Bracciante è certamente tutelato da leggi e
istituzioni tutti di nuova istituzione. |
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