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Ovviamente il modo di lavare la
biancheria non è mutato solo a Castelnuovo, ma dovunque. Noi però restiamo
nellambito del paese e riferiamo usanze puramente locali, sentite e vissute in
famiglia.
Ora si fa funzionare la lavatrice, e cè chi lo fa molto spesso, forse anche
quotidianamente. Ma prima che fosse inventato questo utilissimo elettrodomestico, la
massaia aspettava che il mucchio della biancheria da bucato fosse ben consistente; poi
sceglieva una bella giornata, che promettesse di asciugare con il sole o con laria
quanto si sciorinava.
La brava mamma andava anche dalle vicine per chiedere gentilmente se avevano qualche cosa
da mettere con urgenza a bucato, e le vicine le davano sempre qualche capo di biancheria,
se non altro per dimostrare che apprezzavano la gentilezza.
Mentre una bella ½amma riscaldava lacqua in una caldaia, un capace tinello veniva
collocato su un apposito cavalletto; sul fondo uno strato di sermenti coperti da un telo
permeabile, poi la biancheria ben sistemata, infine un leggero strato di cenere, scelta e
rafdinata con cura, copriva il tutto. Quindi lacqua bollente veniva versata
continuamente di sopra, filtrava e finiva in un recipiente sottostante, ed era rimessa a
scaldare. La massaia, tra una nube di vapore, ripeteva a lungo questa operazione,
travasando con un grosso mestolo, (meglio un vaso...) il contenuto fumante, detto
«lessiass».
Lultimo atto consisteva nel trasferire con attenzione la biancheria pulita sulla
corda tesa e sostenuta dalle «puntiie» = paletti.
E se tutto era andato per il meglio, quel giorno la massaia provava una grande
soddisfazione e odorava compiaciuta il profumo di pulito e di sole che emanava la sua
linda biancheria! E riportava con piacere i capi avuti dalle vicine, dicendo: Mi è
riuscito bene! . Pareva quasi che il bucato fosse un avvenimento, il cui esito non
era sempre sicuro.
Era così grande lo scrupolo nel fare il bucato, che si dice che la biancheria del
Canonico Marchisio fosse portata da Ivrea, sede della sua canonica, a Castelnuovo, dove le
sue sorelle Monica e Dorotea avevano laia (lera), quindi più comodità e
spazio. Il cav. Cafasso mi racconta che la stessa cosa avveniva per il Vescovo
dIvrea, Mons. Filipello, il quale ogni mese mandava la biancheria a Castelnuovo
perché la cognata Emilia di Pinin Bastian la mettesse a «lessia» con l«azur».
E terminiamo largomento con un confronto, che ai giorni nostri suscita ilarità:
immaginiamo il paragone tra la massaia dell800, quando andava con un fagotto o con
la carretta portando la biancheria ½no al lavatoio comunale di Valdrocco (ora
abbandonato) e quella di oggi che schiaccia il bottone della sua lavatrice e, mentre
questa funziona, guarda il giornale o il televisore. |
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