Il vecchio oratorio Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
In quel tempo gli oratori erano due: quello femminile funzionava nei locali dell’asilo, con l’assistenza delle stesse suore, che si prestavano pure per l’insegnamento del cucito e del ricamo alle ragazze.
Ma qui si intende piuttosto parlare dell’oratorio maschile, sito in via Argentero, di fronte al vecchio collegio, quindi nel punto più alto del paese.
Eppure era raggiunto, e di corsa, da tutti i ragazzi del paese, anche da piazza Dante, dal Mulino, dal Casotto… Consisteva in un cortile di ampiezza limitata sempre colmo di ragazzi, sempre animato da molti, molti ragazzi. I giochi si svolgevano e si intrecciavano in un continuo vociare. Alcuni si inseguivano, altri giocavano con le birille o con la trottola. In fondo al cortile tre altalene erano in continuo movimento ondulatorio e una vecchia giostra cigolante, spinta a turno da qualcuno, portava in un breve giro i pochi occupanti.
    L’assistenza, assai faticosa, era affidata ad anziane catechiste, le sorelle Monica e Maria Filipello (dette “dla Madona”) e Pina Gilardi. Talvolta un sacerdote faceva una breve presenza, ma non dava alcuna soggezione all’animazione di quei fanciulli. In un angolo c’era anche un secchio d’acqua, che teneva al fresco una mezza dozzina di gazzose (chiamate “biciclette”) in vendita, ma erano rarissimi coloro che avevano i dieci soldi (= mezza lira) per acquistarla.
Dalla Fornaca venivano i Cagliero, i Filipello così numerosi che da soli facevano mezzo oratorio. Poi tanti Cafasso, Musso… e moltissimi Bertagna.
Nel periodo natalizio o pasquale le pazienti catechiste ci raccoglievano a gruppi in un angolo del salone e ci assegnavano la lezione, che consisteva nel rispondere a memoria alle solite vecchie domandine del vecchio catechismo.
Ma il tempo dei giochi passava velocemente, perché un campanello annunciava che dovevamo metterci in fila per andare alla Benedizione. E la lunga e rumorosa fila si dirigeva verso la chiesa parrocchiale, poco sotto, e si prendeva posto in una doppia fila di panchette. Il parroco Don Nizia stava ancora facendo in dialetto la predica del vespro, ovviamente con scarsa attenzione da parte dei nuovi arrivati; i quali erano più disposti a commentare i giochi appena interrotti o a organizzarne altri in libertà: scambio di birille, compra-vendita di trottole, ricerca di nidi, assalto alle ciliege…
Ma non si creda che in quei ragazzi mancasse la parte di istruzione religiosa: le catechiste ci avevano istruiti a servire la Messa con tutte le risposte in latino, dall’Introibo al Susipiat, per noi di significato oscuro! E si correva su il mattino presto e si passava in sacrestia per vestire la tunica adatta; e ci si contendeva il privilegio di suonare il campanello all’Elevazione. E c’era un rituale apposta per il suono del campanello!
Erano (eravamo) insomma ragazzi dell’epoca, che non parlavano di motorini, né di calcio o di televisione, ma che si divertivano ugualmente a modo loro e dell’epoca, spesso in campagna, sugli alberi, nell’acqua del Rio, torbida ma non inquinata.
E quell’Oratorio era un ritrovo atteso e gradito in ogni pomeriggio del giorno festivo.
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