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Del «gesso» è scomparsa non solo
la tradizione dellestrazione, ma tutto: le cave, il lavoro, il prodotto
Anzi
neppure più tutti i Castelnovesi anziani ricordano che nella frazione Bardella
cerano le cave per lestrazione del gesso. Chi ce nha parlato per diretta
conoscenza è il Commendator Francesco Musso (Cichin per gli amici); è stata la sua prima
attività, il suo lavoro giovanile.
Il terreno di Bardella offriva filoni particolarmente ricchi di quel materiale; dalle
cave, chiamate tampe, si estraeva una roccia morbida, biancastra con
cristallini lucidi. Ora quelle cave abbandonate sono invase dallacqua, anzi è
pericoloso per un estraneo avventurarsi in quei paraggi. Si estraeva il materiale facendo
brillare delle mine; essi stessi, gli scavatori, sapevano prepararsi la polvere da mina,
adatta per provocare lo scoppio. Quindi si recuperava il minerale, finché lacqua
non lo impediva. La seconda operazione consisteva ci racconta sempre il Commendator
Musso nella cottura, che avveniva in una speciale fornace, preparata con cura ed
esperienza. Era necessario poi macinare il gesso cotto e lo si faceva col ruotare continuo
di una pesante macina, trainata da un cavallo, che girava continuamente sulla stessa
stretta circonferenza. Molto più tardi venne in uso una macina azionata da un motore.
Lultima operazione era quella di riempire con quella polvere finissima dei sacchetti
di 40-50 kg e portarli in vendita a Torino. I trasporti erano sempre fatti con luso
del cavallo che, poveretto, faceva il percorso Bardella-Torino su un fondo stradale
ovviamente non asfaltato, con ciottoli, buche, fango, ghiaia, polvere o ghiaccio secondo
la stagione. I prezzi? Erano ovviamente quelli dellepoca: si ricavava una lira da un
sacco di gesso, 18 soldi (90 centesimi) in inverno, nel periodo di crisi edilizia.
Ma un solo cavallo non bastava per superare le salita di Moriondo e del Pino, allora si
assumeva un secondo cavallo da traino per una lira, esso aiutava a fare la salita e
tornava indietro. Anche la tradizione dellestrazione del gesso è una tradizione
castelnovese scomparsa e dimenticata. |
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