Commento sulle borgate Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
Le nostre borgate sono state descritte singolarmente da persone residenti o provenienti da esse e che quindi le conoscono molto bene.
In quegli scritti, benché si sia parlato di borgate diverse, si trovano dei sentimenti e dei giudizi comuni: l’amore per la piccola cara frazione e il ricordo nostalgico del tempo passato, quando nelle borgate c’era molta vita, con tanti bimbi che giocavano sulle aie, correvano nelle stadine e si raccoglievano con piacere attorno alla maestra che giungeva nella scuoletta della borgata, tutta per loro.
Allora non c’era l’erba nell’aie, le case erano tutte aperte ed abitate. C’era la funzione domenicale nella chiesetta; c’era la grande festa annuale con musica, ballo e giochi e tanti parenti in visita e tanti partecipanti forestieri.
Ora non risolvono nulla quei nuovi arrivati che hanno comperato le case abbandonate e le hanno abbellite per venirvi a dormire in santa pace.
Le donne si soffermavano sul sagrato all’uscita della messa e le vicine rincasavano conversando amichevolmente. C’era un locale di ritrovo per i giovani (società, circolo…) per scambiarsi le impressioni sui lavori stagionali, sui prezzi agricoli correnti, e/o fare una partita a carte bevendo il vino buono delle vigne locali.
Ora le borgate sono colpite dal grave fenomeno dello spopolamento, al punto che non si riesce a trovarsi in quattro per utilizzare quei tarocchi polverosi.
C’è chi viene ancora da lontano a spalancare la casa e a coltivarsi la vigna per farsi il vino, e purtroppo c’è chi cerca di vendere tutto, casa e terreni per comperare una abitazione in paese o in città.
E mentre la borgata langue, rimane inalterata l’aria salubre e il paesaggio meraviglioso. La poca gente rimasta si chiede: “Che cosa sarà tra qualche anno di Nevissano, di Ranello…? Che fine faranno le nostre case, le nostre terre su cui abbiamo faticato tanto…? Anche il bestiame è ridotto a pochissimi capi; l’erba una volta così preziosa, rimane nei prati abbandonati; il bosco tenta di invadere le vigne e i campi.
I pochi rimasti in quella verde solitudine soffrono e ricordano gli anni passati.
Ed hanno ragione, perché l’uomo è un animale socievole, ama la compagnia, gioisce quando può scambiare un saluto, dare o ricevere una notizia, ama il vociare dei bambini, il muggire delle mucche; è persino felice quando sente abbaiare il cane che annuncia la visita di qualcuno.
La gente della borgata chiede poco, ma quel poco è la vita. Sì, perché nelle borgate sta scomparendo la vita, nelle case rimane qualche anziano, avanza il silenzio, la solitudine. Tra le borgate un po’ di sollievo ce l’ha solo Morialdo, perché sfiorato dal turismo religioso, dai pellegrini diretti ai luoghi santi di Don Bosco.
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