L'asilo Infantile Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
Non si intende parlare dell’attuale Scuola Materna statale, così ben diretta dall’ottima Giuseppina; si vuole ricordare il vecchio asilo infantile intitolato a Pescarmona. Pareva un formicaio: bimbi che correvano ovunque, in cortile, nel salone, nei corridoi.
I maschietti vestivano un grembiulino a quadretti azzurri, per le bambine erano rosa. I negozi di stoffa Andriano e Bertagna ne erano sempre provvisti.
All’inizio dell’anno c’era qualche lacrimuccia sul viso dei più piccoli, poi prevaleva la socievolezza, e la compagnia degli altri bambini consolava ogni tristezza.
Allora le suore ci attendevano all’entrata, ci liberavano del cappottino e della sciarpa e del “cavagnin” contenente la merenda e noi via di corsa verso gli amichetti per giocare.
A pranzo si mangiava il riso nelle scodelle piantate fino a metà nei fori circolari dei tavoli, perché non cadessero.
Dalle suore si imparavano le prime parole in italiano, le preghiere, i canti, brevi poesie e il comportamento tra compagni.
Quando il tempo lo permetteva, si giocava nel bel cortile all’ombra dei castani. Se un bambino trovava tra l’erba un insetto, un bruco, una farfallina, invitava gli altri all’osservazione della scoperta; ed eccoli chini, con le manine dietro la schiena, attenti come piccoli scienziati a scoprire che ci sono altre vite oltre gli animali della casa e gli uccelli dell’aria.
Prima del ritorno si consumava ciò che la mamma aveva preparato nel cestino con tanto amore e poca spesa.

Il Saggio - Almeno un paio di mesi prima della chiusura iniziava la preparazione del saggio. Era il piccolo e simpatico spettacolo di fine anno, che aveva come protagonisti i bimbi. Con tanta cura e pazienza le brave suore facevano imparare la parte a memoria a ogni piccolo artista, a furia di ripetere e provare, perché ovviamente essi non sapevano leggere. Capitava che ognuno imparava la parte propria e quella dei compagni e la imparava anche la mamma da casa. Così sul palco ognuno recitava forte le parole e diceva tra le labbra le parole dei suoi compagni di scena. E se uno si fermava incerto, c’era la mamma in platea che provvedeva a suggerire.
Insomma lo spettacolo era doppio: uno rappresentato dal piccolo che parlava e uno da chi gli stava intorno.
Anche nei canti c’era quello che metteva più foga nella voce, allora la nota diventava più acuta e nasceva una stonatura; per altro molto applaudita. L’esito del saggio era scontato: orgogliosi e felici i bimbi, orgogliose e felici le mamme spettatrici. E le suore finalmente si riposavano. Ma non del tutto, perché l’asilo era l’oratorio femminile, frequentato tutto l’anno da ragazze signorine che imparavano cucito e ricamo.

Il Contrasto - La casa di riposo, chiamata ospedale, confinava con l’asilo. Ospitava pochi vecchi, per lo più invalidi. Passavano ore seduti alle finestre del primo piano o alla veranda per osservare i bimbi nel cortile sottostante.
Nei primi c’era la vita passata, colma di ricordi, negli altri la vita futura. Il tramonto e l’alba radiosa. Il tardo autunno, mesto e nebbioso e la primavera nascente e festosa.
Che scena contrastante per chi ne osservava i due protagonisti! La vecchietta con il mento appoggiato alla mano posata sul davanzale e la bimbetta che saltava agile nel gioco della “settimana”. Eppure anche la vecchietta era passata per questa età.
«È la ruota che gira» come dice una popolare espressione castelnovese e non solo castelnovese.
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