Il salumiere e il maiale Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
Chi avrebbe detto in paese che tra i mestieri in estinzione ci fosse anche quello del salumiere (salamè o sautisè). È già sparito il ciabattino, la latteria, il maniscalco (feracaval) e ora, dopo il ritiro di Pipino, manca anche un salumiere, che pareva un mestiere così florido.
Sì, c’è ancora in vendita la salsiccia, il prosciutto e tutti gli altri prodotti suini, ma più nessuno se la sente di partire da un maiale vivo per mettere in vendita le sue parti, insaccate o meno.
E dire che ci fu un tempo in cui i Castelnovesi avevano larga scelta in quell’articolo. C’era chi esprimeva le sue preferenze: “Per il salame crudo bisogna andare da Vigiotu (Luigi Musso) e per i cotechini cotti nessuno supera quelli di Bava.” Ma non c’era quella differenza, era solo questione di preferenza e di gusto, perché lavoravano bene anche Moglia, Roffinello, Pozzo e Martin (succeduto a Rapelli).
Ho detto “lavoravano” perché erano proprio lavoratori completi in quel genere, ora sono soltanto rivenditori. Ed erano veramente sei le famiglie che trattavano quell’articolo. C’è forse ancora qualcuno “nomade”, che va in casa di chi lo richiede per uccidere il maiale e lavorare la sua carne.
E non potrà più capitare una scena come quella che ricordo: noi ragazzi stavamo giocando al tamburello in piazza Dante e talvolta dovevamo interrompere la partita, perché passava il maiale. Ed ecco la scena: il salumiere Taluciu Roffinello teneva una cordicella in mano, che dall’altro capo stringeva lo zampino del condannato. Il maiale infatti andava lentamente a piedi verso il peso pubblico; era grasso, a ogni passo sobbalzava la sua ciccia. E perché non si distraesse nel breve tragitto, Carlo, il figlio di Taluciu, gli spargeva dei granelli di meliga in fila, l’ultima manciatina la metteva in mezzo al peso e l’animale, seguendo il cibo, arrivava fin là e si fermava.
Intanto l’animale pensava... (Beh, non so se i maiali pensano, ma se hanno questa possibilità, i suoi pensieri erano all’incirca questi): “Ma guarda oggi che bella passeggiata! È da quando ero piccolo che non uscivo più; ero stufo di stare in quella piccola stalla da solo e senza veder nulla; e per la strada trovo anche da mangiare e la gente, che mi vede passare, mi fa i complimenti e dice - Che bel maiale (Che bel crin!)”. Ma quando il pesatore diceva “24 miria”, il venditore, lì accanto, era soddisfatto, il compratore un po’ meno e si andava verso la casa del salumiere.
Il ragazzino Carlo risparmiava la meliga e incitava leggermente l’animale con un bastoncino. E il maiale era indirizzato verso il cortile e infine entrava nella camera... di attesa.
Infatti l’indomani, al mattino presto, il poveretto appeso a due uncini, annunziava con altre grida... che lasciava in eredità tutto se stesso: pelle, carne, sangue e lardo, le budella e perfino le setole. Esso è infatti un animale generosissimo, che ripaga con abbondanza i suoi allevatori.
E c’è ancora in campagna chi ne tiene uno per uso famigliare. Ma non c’è paragone con i tempi passati, quando erano portati in piccole nidiate sui carri in piazza e venduti al mercato.
Erano così piccoli che qualcuno metteva il maialino comperato in un sacco e lo portava a casa in spalla.
Abbiamo detto i suoi pregi, ma con tutto ciò il maiale non è mai stato destinato a condurre una lunga vita. Esso vive solo il necessario per crescere, mangiando molto.
Forse è più lunga la stagionatura della carne, che con grasso e pepe viene insaccata nei suoi intestini e ben legata a forma di salame sta appesa in bella mostra in vetrina o in negozio.
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