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di Sandra Bordiglia
Delle quattro frazioni di Castelnuovo Don Bosco, Ranello è la più vicina al capoluogo.
Dista appena due chilometri e per questo con la popolazione del concentrico, in passato,
quando le macchine non avevano ancora annullato le distanze, aveva frequenti scambi di
amicizia.
È una ridente borgata con poche case sparse sulle due colline che chiudono a nord la
valletta attraversata dalla provinciale Castelnuovo-Asti nel tratto tra le gallerie
«Ranello e Margherita».
Còme it ses mai bel Ramel! Così la vediamo noi, ad ogni ritorno di
primavera, pur con nel cuore il rammarico di notare, col passare del tempo, case vuote. La
chiesa, ormai non più piccola per i borghigiani oggi residenti, fu e rimane il centro, il
punto di incontro, di riferimento degli abitanti. I priori, che durano in carica un anno,
han cura di tenerla in ordine, di provvedere a tutte le riparazioni, perché sia
efficiente. È dedicata alla Madonna della Neve. Per lannuale festa 5 agosto
i borghigiani si danno un gran da fare per onorarla degnamente.
Si preparano spiritualmente con una novena di preghiere e, per meglio dimostrare la loro
devozione, non trascurano la parte materiale con addobbi e fiori.
Alla messa del mattino la chiesa si riempie di fedeli. Sono in gran parte parenti e amici
dei borghigiani, che non mancano mai a questo appuntamento. Che festa alluscita! E
quale cordiale scambio di saluti! Ugualmente numerosi sono i partecipanti alla processione
del pomeriggio. In questa occasione si sente il cuore di Ranello che palpita, prega,
gioisce, ringrazia e chiede aiuto alla sua Madonna, alla Mamma del cielo.
La chiesa è aperta ogni domenica per la Santa Messa. È una tradizione che dura da oltre
un secolo, da quando fu costruita dai nostri antenati (si dice) su iniziativa di un
Sacerdote del posto Don Savio, che abitò nella casetta annessa.
Sopravvive lassociazione Enal. I soci vi si radunano nei giorni festivi: nella
brutta stagione al chiuso, e nella buona allaperto. Una parte, allombra del
frondoso ippocastano che fiancheggia la chiesa, fa una partita a carte; i più giovani, i
più svelti giocano a bocce in vista del campanile. E tutti chiacchierano, si scambiano
notizie; così come han fatto le donne al mattino dopo la messa attardandosi sul sagrato.
Delle trenta case ricordate da Roccati, un tempo abitate tutte da nativi agricoltori
tenaci, ora una metà ospita gente nostra o forestiera solo nei mesi estivi o nel periodo
delle ferie. Una di queste, ora demolita, di cui si conosce il luogo preciso su cui
sorgeva, era di proprietà del nonno di San Domenico Savio.
La sua famiglia quindi è originaria della nostra frazione.
La strada di fondo valle si anima insolitamente nel tempo delle ciliegie e della
vendemmia. Gli abitanti, in questi periodi, sono lieti di accogliere parenti e amici e
offrir loro cordialmente i rinomati frutti delle nostre colline, non disgiunti da «na
buta dusa cume lamel». Per questi motivi e per altri più profondi, alla loro terra
ritornano volentieri i ranellesi. Ritornano nostalgici per poche ore, per un giorno
soltanto, ma anche per trascorrere... gli anni della pensione, così come ha fatto il
corridore ciclista Luigi Marchisio vincitore, a soli ventun anno, del giro dItalia
1930.
Diminuiscono gli abitanti, come diminuiscono ad ogni primavera le rondini, che ritornano a
garrire attorno al campanile; spuntano qua e là tratti di terra incolta; i contatti umani
sono necessariamente sempre meno frequenti, ma per noi «Ranel lè sempre bel!». |
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