Giudizi di un ex alunno Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
La presente raccolta ci insegna a vedere le persone, gli ambienti, i fatti della natura che, tanti anni addietro, appartenevano al nostro mondo e noi, per forza di abitudine, non sapevamo osservare.
Ce li racconta in modo semplice, il Maestro Gianasso, con forma piana e trasparente, comunicandoci subito il sentimento che li anima e, senza darlo a vedere, ci spiega il loro significato profondo.
Di tutti parla bene e mette in rilievo gli aspetti buoni. Di tutti racconta con tono sommesso, con comprensione, con delicatezza, con attenzione, con colori ora brillanti e ora smorzati: sempre col sorriso.
In “Maestri e scolaretti” si snoda una danza allegra, vivace e spiritosa di maestri dei nostri padri. Essi sfilano, dinanzi ai nostri occhi, ciascuno con un insegnamento, un aneddoto, un motto. In “Sculastica” è il paese festoso e colorito del mercato del giovedì in contrasto con la figura simpatica ma un poco triste e sofferente dell’anziana venditrice ambulante. Un accenno al comportamento sbarazzino e talvolta crudele di noi ragazzini è appena sfumato, con comprensione e tolleranza.
In “Garun” ci sono tre quadretti: uno bizzarro e scintillante, la “vendita dell’acqua solforosa”; due, il “vetturino” ed il “ricoverato”, sono la stupenda fusione di grottesco e di tragico quale seppe realizzare il Maestro delle beffe, narrato dal Boccaccio, che fu anche il “Maestro della Morte” del Cimitero di Pisa, detto dal Vasari: “pittore in superlativo modo…”.
Sempre col sorriso.
Sono stato suo allievo in terza elementare, in un edificio vecchio e diroccato, che ora non c’è più, dinanzi alla vecchia canonica.
Di lui non avevamo paura. Già allora raccontava e sorrideva!
La nostra fantasia lo seguiva e le operazioni aritmetiche o le regole di grammatica diventavano personaggi vivi di un grande teatro in cui tutto e tutti erano attori, registi, poeti, come l’aveva descritto il grande romantico Ciaikovski ne “Le Danze” de “Lo Schiaccianoci”.
Una mattina le sue due bambine, andando accompagnate all’asilo, passarono a salutarlo.
Ce le presentò con tanta delicatezza e con un sorriso così profondo che, dopo mezzo secolo, ricordo tra le lezioni più importanti della vita.
Un giorno mi portò in campagna con sé. Le grandi cattedrali di alberi in cui ci aggiravamo, entrambi bambini, i sentieri del tasso, i nidi degli uccelli, le piccole erbe, i fiori minuscoli ad un tratto divennero vivi e noi fummo felici con loro. Al ritorno mi sorpresi di essere stato bene.
In ottobre compie ottantacinque anni e sorride ancora e ancora è felice di raccontare quelle cose antiche che non muoiono mai e noi, suoi alunni, divenuti vecchi, danziamo volentieri con lui una danza antica, che non muore mai perché è musica, poesia e sorriso.

                                                                                                   Paolo Peira
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